A
Villaricca, un grazioso paesetto a poco più di dieci chilometri da
Napoli, molti anni fa, c'era una scuola serale musicale che preparava i
ragazzi del paese ad entrare a far parte del complesso bandistico del
piccolo centro del napoletano. Una sera, in quella scuola, desiderando
di parlare al direttore, si presentò un ragazzetto di appena dodici
anni nero di capelli, dallo sguardo vivace, dal colorito olivastro e
abbastanza robustello nell'aspetto. Quando si trovò alla presenza del
direttore della scuola, con tono serio e volitivo, disse che sarebbe
stato suo vivo desiderio poter imparare a suonare qualche strumento
musicale per poi essere in grado di guadagnarsi la vita, poiché la sua
famiglia era povera. Il direttore lo guardò a lungo osservandolo bene,
non perse nemmeno tempo a rifletterci poi gli disse: « Comme te
chiamme? » Il ragazzo rispose subito: « Guglielmo Chianese », « Bene
- aggiunse il direttore - te faccio 'mparà a sunà 'o clarinetto ... te
piace 'o clarinetto? » - il ragazzo mugulò qualche cosa e il direttore
continuò: « ... pecché 'e stu strumento me manca quacche elemento! Te
vulisse 'mparà a sunà 'a tromba? » - il ragazzo fece spallucce come
per dire: che ne so! e il direttore riprese: « ... 'mbè ... meglio 'o
clarinetto! Miettete e bbona voglia. Mo stammo sotto Natale, a
primmavera vene 'a festa d' 'o Prutettore e voglio fa ascì 'na banda 'e
24 elemente ch'adda arrevutà lo paese! E capito? Va ... 'nce vedimmo
dimane! ». Il ragazzetto andò via soddisfatto e pieno di belle
speranze in cuore e aveva ragione! Sua madre modestissima casalinga e
suo padre muratore poco gli potevano offrire per fargli godere più o
meno una vita serena. L'inverno per il piccolo Guglielmo trascorse tra
incertezze e buoni propositi sul suo avvenire. Suo padre, Don Gennaro
Chianese, chissà perché, non ammetteva che suo figlio intraprendesse
la carriera di « bandista » e il ragazzetto, impedito di studiare il
clarinetto in casa era costretto, col permesso e la complicità di sua
madre, di andarlo a studiare di notte in aperta campagna. Guglielmo
avrebbe avuto anche voglia di poter seguire contemporaneamente gli studi
scolastici ma non lo poteva soprattutto a causa delle esigue possibilità
economiche della sua famiglia e per sopperire questo suo desiderio, di
tanto in tanto, quasi come a voler scordare, ci cantava sopra; ma non si
trattava di motivi di canzoni, bensì di « voci »: voci di venditori
ambulanti. A quei tempi ve n'erano molti, ognuno per qualche cosa da
vendere: frutta, ortaggi, cesti di vimini, venditori di persiane
parasole, di ombrelli, di sapone fino, di pettini, spazzole, compratori
di stracci vecchi e tante, tante altre cose. I paesani avevano imparato
ad ascoltare Guglielmo nel suo repertorio di « voci » e chi lo
tollerava e chi lo ammirava ... ma della tolleranza il ragazzo se ne
infischiava e quando tralasciava di studiare il suo clarinetto, di
strada in strada, gli echi dei suoi giovanili « acuti » si perdevano
melodicamente lontano in dolci falsetti sotto il cielo assolato o
annuvolato o stellato di Villaricca. Così, di tempo in tempo, si arrivò
al giorno in cui il paese, addobbato a festa, aveva iniziato ad onorare
il Santo Protettore. Bancarelle cariche di leccornie d'ogni genere:
zuccherini, caramelle, bruscolini, ceci informati, castagne secche e
noccioline americane facevano bella mostra in ogni angolo della via
principale dei paese fiancheggiata, per tutta la sua lunghezza, da
festoni di fiori fissati su archi di trionfo in fila adorni di centinaia
e centinaia di piccole lampade ad olio da accendere sull'imbrunire così
da formare un lungo tunnel di tremolanti fiammelle ardenti di fede. I
balconi, piccoli e grandi, tutti parati con lampioncini colorati e sulle
ringhiere, a drappo, vi ci erano state esposte pregiate coperte dai
sgargianti colori o merlettate e ricchi tappeti e tappetini. La folla
dei paesani, fin dalle prime ore dei mattino, aveva cominciato ad
assieparsi sui marciapiedi laterali della strada mentre le « voci »
dei venditori d'ogni genere di cose si confondevano chiassosamente con
il vociare dei villaricchesi. Ad un tratto cominciò ad accostarsi l'eco
della banda del paese, poi la si vide apparire sul fondo della via e tra
grida di consenso della popolazione tutta e battimani raggiungere la
piazza principale dov'era la piccola chiesetta sul cui sagrato il
parroco, il chierichetto e il sindaco erano in attesa dell'uscita del
Protettore e fu in quella occasione che la gente poté ammirare il
piccolo Guglielmo Chianese che suonando il clarinetto, nella prima fila
del complesso bandistico, in divisa grigia e berretto bianco con visiera
nera lucida, seguendo il suo direttore che con il braccio levato batteva
il tempo musicale, fiero e impettito avanzava con passo sicuro verso la
chiesetta. Non appena lì, ricomponendosi nei suoi ranghi, il complesso
« bandistico » raggiunse il suo posto e non appena il Santo Protettore
comparve sotto la porta della chiesetta, ad un segnale del direttore,
intonò l'inno fascista « Giovinezza ». Poi si mosse precedendo il
Santo che condotto a spalle, traballando e ondeggiando sulla folla che
gli si era accalcata intorno, prese la via principale del paese sotto
una pioggia di fiori, di pianti e anche di feroci imprecazioni. Ecco,
amici lettori, come iniziò la sua carriera artistica prima di «
bandista » poi di cantante Guglielmo Chianese oggi « Sergio Bruni »
il nostro più famoso e amato cantore napoletano. Il più apprezzato, il
più impegnato, il più capace nel saper portare in giro per il mondo le
più belle melodie della nostra Napoli. Naturalmente quanto sopra ho
descritto riguarda le sue prime battaglie per diventare « qualcuno »
nella vita, ma ne seguirono altre più dure e dolorose per essere
veramente « qualcuno »! Ed è stato lui stesso a raccontarmele ed è
interessante ch'io qui cerchi di descriverle a mio modo, cioè con
semplicità di frasario com'è mio uso, non solo per illustrare
sommariamente la storia di un vero « artista » del mio paese, bensì
per un doveroso senso di sincera amicizia verso un amico che ho sempre
disinteressatamente stimato. Ecco il nostro dialogo di tempo fa in
occasione di un fortunato incontro durato alcuni giorni. « Bravo,
Bruno, ma dopo l'esperienza del complesso ' bandistico ' di Villaricca
come vi siete trovato, poi, cantante di canzoni? » e lui: « Vedete,
commendatò (mi ha sempre chiamato ' commendatore ' e mai 'Don Peppì'
come sarebbe stato più logico e chi lo sa perché ... forse per un
cortese gesto adulativo che non saprei dire se veramente merito) allora:
... vedete, ' commendatò ' ... forse avrei continuato a fare il
suonatore di ' clarinetto ' ma quella, dopo un certo tempo, la banda,
per mancanza di fondi si sciolse e io rimanetto 'nterra ... cominciarono
per me i tempi duri. Famme, miseria ... guaje 'a tutte parte ... fino
all'età di quattordici anni poi, con la mia povera famiglia ‘nce
trasferettemo a Napoli ... e Dio lo sa comme se campava ... po' venette,
pe' ghiònta 'e ruòtelo, 'a guerra, fui chiamato sotto le armi e mi
mandarono a Caserta, 1942, al 32° Regg.to Fanteria e lì cominciarono i
primi giorni di vita militare di Guglielmo Chianese (Sergio Bruni). Là
ero continuamente punito, pecché ogni tanto, senza permesso, me ne
scappavo a Napule addù papà e mammà. Una sera che stavo consegnato
assieme a certi miei commilitoni ci radunammo in una camerata e io mi
misi a cantare. Mentre cantavo notai ca se redeva e se pazziàva e sta
cosa m'indisponeva nu poco ... ma po', a poco a poco, ognuno
accumminciaje a se sta zitto e a me sentì 'e cantà, tutto 'nzieme,
mentre cantavo i famosi versi di Bovio: ' ... io sò napulitano e si nun
canto io mòro! ', trasette 'o capitano comandante della compagnia e
siccome per questo capitano io ero la sua bestia nera ... non appena lo
vidi addiventaie nu nìppolo e smisi di cantare, ma quello, prese uno
sgabello, si sedette vicino a mme e dicette calmo, calmo: 'Canta ...
canta ... ! '. lo nun arrivavo a capì si diceva overo o apposta e
quello, vedendomi indeciso, mi comandò: ' Canta ti ho detto ... mi
piaci! ' Gesù, ' commendatò ' ... per me fu come una mazzata in testa
e continua a can- tare. Alla fine il capitano mi fece i complimenti e mi
credete? da quel giorno io diventai il suo pupillo tanto che non fui mai
più punito quale che fosse stata la mia disubbidienza e bastava che gli
chiedessi un favore che subito me lo faceva ... mai però senza
cantargli prima a mezza voce una canzone. Da Caserta fui trasferito a
Torino e anche lì, il mio tenente, avendo saputo che avevo una bella
voce, un giorno pretese che gli cantassi ' Signorinella ' e anche lì,
Gesù, il tenente disse ammirato: ' ... ma da dove è uscito questo demònio?
'. Mi domandò se da borghese ero cantante e io, dicendo una bugia, gli
dissi che cantavo alla RAI di Roma e lui aggiunse: ' Ma tu sei mille
volte meglio di Rabagliati e di Natalino Otto: tu sei il Dio della
canzone napoletana'. Poi venne la sconfitta militare .. io come tanti e
tanti altri me la squagliai e me ne andai, imboscato, a Chiaiano, vicino
Napoli, dove s'erano rifugiati i miei e da lì, in un momento che i
tedeschi rastrellavano giovani per le vie per portarseli in Germania nei
campi di concentramento, con altri miei compagni, scappai e presi parte
alle quattro giornate napoletane. Fui ferito ma a quelle carogne le
mettemmo in fuga. A guerra finita, dopo tante e tante traversìe ... mi
stabilii a Napoli. Di mio padre, purtroppo, mia madre non ne seppe più
nulla! Si disperse! Forse, durante le quattro giornate, dovette morire
sotto qualche bombardamento. Una vita difficile, ' commendatò '! ». Mi
raccontò pure che il suo debutto ufficiale come cantante avvenne a
Napoli al Teatro Smeraldo vecchio teatro « Reale » ove anch'io,
durante il ventennio fascista, anno 1930-31, avevo lavorato assieme ai
miei fratelli Titina e Eduardo col nostro « Teatro Umoristico I De
Filippo ». Bruni mi raccontò, molto efficacemente, alcuni
spassosissimi aneddoti della sua carriera nell'immediato « dopo-guerra
». Mi disse: « Commendatò ... cose spassose che solo a Napoli possono
succedere. Una volta lui invitato a cantare a Terzigno, vicino Napoli,
in occasione di uno sposalizio fatto in casa. Trattai con il padre della
sposa, un mezzo camorrista del luogo e concordammo che avrei cantato sei
canzoni e lui mi avrebbe pagato la cifra che gli avevo chiesto non mi
disse, però, ca pe' l'occasione, aveva fatto mettere 'mmiez' 'a via,
annante 'a casa soja, na diecine d'altoparlanti che servivano per
trasmettere la mia voce alla gente che sicuramente si sarebbe radunata
sulla via. Al momento della mia esibizione, però, gli altoparlanti si
guastarono e nisciuno senteva niente. Avevano cercato d'aggiustarle ma
inutilmente, comunque io feci il mio programma e quando andai per
ritirare il mio 'convenuto' me sentette 'e dì. ' ... ma scusate, signor
Bruno, quelli abbasso non hanno sentito nulla vi dovete accontentare,
mo, della metà se no comme se fa? ' ' E io che nne saccio ' rispunnetto
io! E ' sì ' e ' no ' e ' no ' e ' sì ' ... alla fine, ‘ commendatò
', per il quieto vivere ... m'avetto accuntentà della metà! E questo
è niente! Una volta ci stavo addirittura rimettendo la pelle. Stava per
fìnire in tragedia. Andai a fare una serata in 'piazza' vicino Napoli,
il successo fu così travolgente, così entusiasmante che un gruppo di '
guappi ' mieze 'mbriache ... alla fine, uno ‘e Iloro se mettete a
alluccà.- ' Chisto canta troppo bbuono ... sparàmmolo (spariamolo) '!
Me salvaje pe' miracolo! Me mettetto a scappà comme 'a 'na gatta
secutata 'a 'na chiorma ‘e cane arraggiate! ». Assicuro che a sentire
Bruni raccontare queste sue avventure e disavventure è uno spasso
inimitabile. Queste cose le racconta in modo così semplice e naturale
che è una gioia ascoltarlo. Il suo tono di voce, naturalmente sommesso,
arriva all'udito come una musica discretamente armoniosa e dolce. Tiene
moltissimo a dichiarare che tutto quello che sa della sua professione lo
ha imparato dalla vita, poiché, in fatto di cultura, si considera un
magnifico autodidatta, infatti, per tale motivo, quando illustra un suo
concetto o una sua riflessione lo fa con accorta prudenza come chi tiene
a pensare bene prima di dire ciò che desidera dire. E’
inflessibilmente polemico
circa il « mondo
della canzone » d’oggi. Afferma che l'ambiente della musica leggera
di questi tempi è bistrattato e intrallazzato. Oggi, per far carriera,
afferma, bisogna saper vendere illusioni o inventare un « personaggio
» (ed è vero). E sostiene che a volte se accetta qualche serata in «
piazza » lo fa unicamente per arginare, con la sua bella voce e il suo
repertorio di canzoni napoletane di vecchio stile e stampo, la
concorrenza dei cantanti del nord che rompono gli argini della buona
melodia tradizionale napoletana con il loro genere esotico o pop. Su
questa sua convinzione non sono molto d'accordo con lui, perché un
artista dalle sue delicate e aristocratiche qualità canore non dovrebbe
scendere in « lizza » con gli « strilloni » del genere « pop » o
« hippie ». lo non sono in grado di fare una critica analitica del
cantante « Sergio Bruni » ... però sento, quale suo sincero e
disinteressato ammiratore e amico, che tra lui e la « piazza » v'è
una incomprensione artistica di notevole importanza che certo non si
addice ad un « cesellatore » della canzone qual è lui. Oggi, Sergio
Bruni, sta cercando di riportare (e ci riesce) i vecchi testi di melodie
napoletane che a suo giudizio sono infallibili nel senso che, in
conclusione, piacciono a tutti, allora, con tale giusto criterio
artistico, in un periodo che a mio avviso dei genere « pop » o «
esotico » o « hippie » son rimasti solo i capelli lunghi o arruffati
... che guadagno v'è cantare in « piazza »: luogo meno adatto ad un
cantante « artista » come lui? Peppino De Filippo |
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Peppino De Filippo | Luciano Villevieille Bideri | Goffredo Fofi | Bruni e Murolo |